Il 18 marzo, Mantova si veste di festa per onorare il suo patrono, San Anselmo, una figura di straordinario rilievo nella storia della Chiesa e della filosofia cristiana. Pur non avendo vissuto direttamente in questa città, il suo spirito e il suo insegnamento hanno trovato qui un terreno fertile, tanto da farne il santo protettore di Mantova. La sua festa è un’occasione per riscoprire il valore della fede illuminata dalla ragione e per riflettere sul messaggio che il santo ha lasciato ai credenti di ogni epoca.
San Anselmo nacque intorno al 1033 ad Aosta, in una famiglia nobile. Fin da giovane, fu animato da una profonda sete di conoscenza e spiritualità, tanto che a ventisette anni lasciò la casa paterna e si unì ai monaci benedettini dell’abbazia di Bec, in Normandia. Qui si distinse per le sue doti intellettuali e spirituali, tanto da diventare abate del monastero. La sua fama si diffuse ben presto oltre i confini monastici, portandolo a ricoprire nel 1093 la carica di arcivescovo di Canterbury, in Inghilterra.
Essere arcivescovo in quel periodo non significava solo occuparsi della cura delle anime, ma anche affrontare duri scontri con il potere politico. San Anselmo si trovò infatti coinvolto in un aspro conflitto con i re inglesi Guglielmo II e poi Enrico I, per difendere l’autonomia della Chiesa dall’ingerenza della corona. Questo gli costò due esili, ma la sua fermezza non vacillò mai. Anche lontano dalla sua sede episcopale, continuò a scrivere e a riflettere sulla fede cristiana, lasciando opere di immenso valore teologico e filosofico.
Uno dei suoi contributi più celebri è il cosiddetto argomento ontologico, una delle più celebri dimostrazioni dell’esistenza di Dio. Anselmo sosteneva che, se possiamo concepire l’idea di un essere perfettissimo, allora questo essere deve esistere necessariamente, perché l’esistenza è parte della perfezione. Un ragionamento che ha suscitato dibattiti per secoli e che ancora oggi è studiato e discusso nei circoli filosofici e teologici.
Ma San Anselmo non fu solo un grande pensatore. Era un uomo di preghiera, di carità e di profonda umiltà. La sua spiritualità era fondata su una fiducia totale in Dio e sulla convinzione che la fede dovesse sempre cercare di comprendere, perché credere senza capire significava limitare il dono della ragione che Dio stesso aveva dato all’uomo. La sua celebre frase “Fides quaerens intellectum” (la fede che cerca la comprensione) è diventata il motto di chi vede nella ricerca della verità un cammino di avvicinamento a Dio.
Ma come è arrivato San Anselmo a diventare patrono di Mantova? La sua scelta come protettore della città affonda le radici nella storia medievale mantovana, un tempo fortemente legata alla tradizione monastica benedettina. Il suo pensiero e il suo esempio di vita furono visti come ideali perfetti per una comunità che ha sempre cercato di coniugare fede e cultura, religiosità e sapere. La sua figura incarnava perfettamente i valori cristiani che Mantova voleva custodire e tramandare alle generazioni future.
Oggi, ogni 18 marzo, Mantova celebra il suo patrono con solenni liturgie, processioni e momenti di riflessione. La cattedrale e le chiese della città si riempiono di fedeli che si affidano alla sua intercessione, chiedendo protezione e saggezza. È una giornata in cui si riscopre la bellezza della fede illuminata dalla ragione, proprio come Anselmo insegnava. Il suo esempio ricorda che credere non significa rinunciare a pensare, ma anzi, significa cercare sempre più profondamente la verità.
La festa di San Anselmo è quindi molto più di una semplice ricorrenza religiosa: è un invito a vivere la fede in modo consapevole, a non temere le domande, ma a cercare sempre risposte che conducano a Dio. Un messaggio che, oggi come allora, continua a essere attuale e prezioso per chiunque voglia percorrere il cammino della vita con cuore aperto e mente attenta.