Il mese di novembre iniziato con la Solennità di Tutti i Santi, celebra un santo in particolare che non passa inosservato a cristiani e pagani per motivi molto diversi ma che tutti ritengono così degni di nota, da offrire l’occasione di festeggiare.
Si tratta di San Martino, venerato nella Chiesa Cattolica, Ortodossa e Copta, che viene festeggiato l’11 novembre, nel corso della cosiddetta “estate di San Martino” appunto, che dura generalmente 3 o 4 giorni in cui, dopo l’arrivo delle prime gelate, si assiste al ritorno del tempo bello e del tepore autunnale.
Ma chi era questo Martino? Uno dei santi più celebri fin dal Medioevo: il Vescovo di Tours nel IV secolo. Nacque nel 316 nell’antica Pannonia (fra l’Austria e l’Ungheria) e per lui il padre, che era un ufficiale dell’esercito romano, scelse un nome che richiamava il dio della guerra, Marte. Trascorse l’infanzia a Pavia dove il padre era stato trasferito per lavoro. Fu avviato prestissimo alla carriera militare, durante la quale si verificò uno degli episodi più noti, raffigurato in moltissime opera d’arte: si racconta che una fredda notte d’inverno, mentre era di ronda, incontrò un viandante che pativa il freddo e non avendo denaro da dargli, tagliò a metà il proprio mantello affinché il mendicante potesse coprirsi. Miracolosamente il freddo si affievolì e comparve il sole: fu quella la prima estate di San Martino (per questo è protettore dei militari ma anche dei pellegrini).
Trascorse quasi vent’anni nell’esercito, finché, dopo aver ricevuto il battesimo, si congedò per divenire monaco. Viaggiò a lungo evangelizzando, finché un giorno si fermò in Francia nei pressi di Poitiers, dove fondò un monastero. La sua popolarità crebbe a tal punto che per volontà popolare venne ordinato vescovo di Tours. Morì ottantenne a Candes, in Francia, l’8 novembre 397, ma si festeggia l’11, giorno dei suoi funerali a Tours, luogo che divenne da subito meta di pellegrinaggi per chiunque volesse chiedere la guarigione spirituale e corporale.
San Martino divenne ancora più popolare per la collocazione della sua festa nel calendario, proprio in coincidenza con la fine delle celebrazioni del Capodanno dei Celti, il “Samuin”, con riti dedicati al dio delle tenebre (da cui deriva l’attuale festa di Halloween). La Chiesa pensò bene di cristianizzare i festeggiamenti celtici trasferendo molte delle sue usanze nella festività del celebre Vescovo di Tours.
Per questo l’11 novembre divenne in gran parte d’Europa, una sorta di capodanno: durante questo periodo ad esempio venivano rinnovati i contratti agricoli annuali e di affitto (da questo deriva il detto “fare San Martino”, ovvero traslocare).
Molti artisti lo raffigurano in ambienti campestri, perché per la sua festività ci si augurava di aver già seminato il grano così che il seme fosse al riparo all’arrivo del freddo: “A San Martino sta meglio il grano al campo che al mulino”; oltre ad aver potato e mosso il terreno attorno alla vite: “Chi vuol far buon vino, zappi e poti nei giorni di San Martino”.
Inoltre in moltissime località d’Europa sorsero tradizioni popolari, detti, proverbi e usanze enogastronomiche ancora attuali. Vediamone alcune.
Tradizionalmente in questi giorni vengono aperte le botti per il primo assaggio del vino novello, evento questo celebrato anche nell’omonima poesia di Giosuè Carducci: da qui il motto “a San Martino ogni mosto diventa vino!”; in Romagna dicono che “Par Sa’ Marten u s’imbariega grend e znèn” (per San Martino si ubriaca il grande e il piccino). Certamente questa usanza si accosta bene al vino simbolo per eccellenza della gioia nelle Sacre Scritture e la tradizione popolare festeggia banchettando in lauti convivi, brindando e gustando castagne, caldarroste, biscotti di San Martino (all’anice) e il dolce a forma del santo a cavallo con spada e mantello. In Alto Adige è molto sentita la tradizione del “Törggelen“: i contadini della valle festeggiano il periodo della vendemmia e il vino nuovo offrendo i loro prodotti autunnali. In Abruzzo si dice “Ce sta lu sante Martino” quando in una casa abbonda la Provvidenza.
Un altro detto consiglia a tavola: “Per San Martino castagne, oca e vino!”. Infatti secondo la leggenda, quando Martino venne eletto Vescovo, si nascose in campagna perché desiderava continuare a vivere come un semplice monaco, ma le strida di uno storno di oche rivelò il suo nascondiglio e lui si trovò costretto ad accettare la nomina. Molto più probabilmente questa usanza gastronomica deriverebbe anche dalle celebrazioni celtiche in cui venivano sacrificate le oche sacre simboli del Messaggero divino, che accompagnavano le anime dei defunti nell’aldilà (infatti il “Gioco dell’Oca” ha come meta finale proprio questo animale).
Ai bambini il Santo portava doni scendendo dal camino e se avevano fatto capricci lasciava come ammonimento una frusta (chiamata in Francia “Martin baton”), un po’ come la nostra Befana. Tuttora lungo le calli di Venezia si possono incontrare bambini, armati di pentole e coperchi, che domandano qualche soldo o caramelle ai passanti.
Ma il giorno di San Martino si festeggiano anche le corna … per quale motivo? Le ipotesi sono diverse. La più antica risale al fatto che una volta in questa data si svolgeva la fiera più importante di animali con le corna: buoi, mucche, tori, capre, montoni … da qui la “promozione” popolare a patrono dei mariti che venivano traditi quando si recavano alla fiera e derisi al loro ritorno: “Chi cià moje, ti’ pe’ casa San Martino!”. Secondo un’altra ipotesi, in questo periodo si svolgevano 12 giorni di sfrenate feste pagane, durante le quali avvenivano spesso adulteri. Una leggenda racconta che San Martino si portava sulle spalle la sorella per evitare che cadesse preda dei maliziosi concittadini, ma vanamente, perché questa trovava sempre il modo per sfuggire alla sorveglianza del fratello. Altri ancora pensano che derivi dallo fatto che la data scritta in cifre 11/11 ricorda il segno delle corna fatto con le mani.
Insomma un santo per tutti, che riesce a mettere d’accordo sacro e profano e certamente capace di riconciliare anche moglie e marito!