Giovanni da Catignano nacque intorno al 1310 e entrò presto in monastero.
Giovane dalle spiccate doti intellettuali e con un alta formazione culturale e letteraria, conosceva gli autori classici latini e gli scritti di Dante e Petrarca, fu scelto come abate del monastero Santa Trinità di Vallombrosa presso Firenze.
Sembra che fu coinvolto in una relazione con una nobildonna e, a causa di ciò, in seguito deposto dall’ufficio di abate del monastero e condannato a scontare in penitenza un anno di prigionia nella torre del monastero.
Trascorso l’anno di prigione la sua comunità di monaci lo volle reintegrare ma lui stesso decise di ritirarsi per tutta la vita in una cella del romitorio vicino al monastero. Cosi diventò per tutti Giovanni delle Celle. Egli si ritirò dalla vita del mondo ma mantenne i contatti per lettera con la vita politica e religiosa del suo tempo e della città di Firenze.
La sua scelta ascetica non gli impedì infatti di continuare a comunicare attraverso scambi epistolari con personaggi illustri e non del suo tempo tra cui Caterina da Siena. La santa gli scrisse per chiedere aiuto e convincere il papa ad abbandonare la sede papale di Avignone e tornare a Roma.
Ad un frate che accusa la giovane Caterina di eresia lui rispose:
“Caterina gode della tua villania, per amore di colui che tante ne sostenne per lei, e piange della tua cecità e malizia, e prega Dio che ti illumini e ti perdoni”.
Giovanni pregava, studiava e scriveva nella sua cella e da quel silenzio fertile diventò una guida spirituale per uomini e donne, laici, preti e politici.
Tra le numerose lettere che scrisse quella indirizzata all’amico Guido sulla gioia di donare narra cosi:
“Dio a voi dia tanta benedizione, che voi godiate più di quello che date che di quello che vi rimane. E davvero, chi avesse alluminato l’anima, cosi sarebbe; perocché quello che date, vi dee fare le spese in eterno; e quello che ritenete, poco tempo: quello c’hai dato, t’ha spenti i peccati; quello che t’è rimasto, tutto dì te ne fa commettere: quello che hai dato è in sicuro luogo e mai perdere non si può; quello che ritieni, sempre sta a rischio di perdersi. … Quello che dai pasce i poveri di Cristo; ma quello che tieni, pasce la carne, e il peccato. … Ma questa grazia ti conviene chiedere a Cristo, ed alla Vergine Maria. …Iddio te ne dia grazia”.
Giovanni delle Celle morì tra il 1394 e il 1396 circa e, poco dopo, l’Ordine Vallombrosano lo venerava già come beato.
La sua memoria liturgica ricorre il 10 marzo.