Anselmo nasce ad Aosta nel 1033 da una famiglia nobile e, alla morte prematura della madre, egli peregrina in Francia per vari monasteri fino a quando entra nell’abbazia benedettina di Bec, in Normandia. Inizialmente a Bec è un semplice monaco poi si distingue diventando abate e priore, ivi trascorrendo gli anni migliori e più fecondi della sua vita. L’arcivescovo di Canterbury gli chiede poi di raggiungerlo e di aiutarlo nell’istruzione dei monaci e nella difficile situazione che si era creata a causa dell’invasione dei Normanni. Anselmo viene eletto arcivescovo di Canterbury nel 1093 ed essendosi impegnato fervorosamente nella lotta per la libertà della chiesa dal potere temporale, per un periodo, subisce persino l’esilio dall’Inghilterra. Il santo, ammirato da tutti, dedica gli ultimi anni della sua vita soprattutto alla ricerca intellettuale e amorosa di Dio. Muore a Canterbury, in Inghilterra, il 21 aprile del 1109.
Sant’Anselmo è stato un illustre teologo e con lui nasce la teologia che usa la ragione come strumento di conoscenza. Tutto il suo pensiero è dominato dall’idea di Dio tanto che, con le sue teorie, si spinge a mostrarne l’esistenza sia “a priori” che “a posteriori”.
“Dio, ti prego, voglio conoscerti, voglio amarti e poterti godere. E se in questa vita non sono capace di ciò in misura piena, possa almeno ogni giorno progredire fino a quando giunga alla pienezza”. Proslogion, cap. 14.
Nel 1076 Anselmo pubblica il Monologion, un’opera che parla delle cosiddette “prove” o “vie” a posteriori dell’esistenza di Dio. Si tratta di quattro prove attraverso cui, dall’esistenza delle cose del mondo e della realtà, si riesce a risalire alla causa, Dio.
Se le cose sono buone, esiste la Bontà Assoluta che le ha create; La varietà di grandezze qualitative di cui sono fatte le cose esige che ci sia una Somma Grandezza; Dal nulla non viene fuori nulla e poiché qualcosa esiste, esiste l’Essere Supremo; Nella realtà esistono diversi gradi di perfezione quindi, esiste una Perfezione Prima Assoluta.
A quest’opera, segue il Proslogion, più celebre della precedente, e che contiene la cosiddetta prova a priori o argomento ontologico: Dio è ciò di cui non si può pensare il maggiore.
Dunque se l’ateo pensa Dio, Egli (Dio) è nel suo intelletto. Ma quando nega che esista, l’ateo vuol dire che Dio non esiste al di fuori del suo intelletto, cioè nella realtà. Ed è qui la contraddizione: se l’ateo pensa che Dio è l’essere più grande, Dio non può che esistere nella realtà, altrimenti non sarebbe il più grande.
La scienza che interessa a Sant’Anselmo è l’intellectus fidei dove la ragione serve per disarticolare verità di fede o per illuminarle. Ci dev’essere, quindi, un perfetto accordo tra fede e ragione, a condizione che la ragione sia usata secondo precise regole e presupposti indubitabili, cioè la perfetta corrispondenza e unità tra il linguaggio, il pensiero e la realtà.
“Non tento, Signore, di penetrare la tua profondità, perché non posso neppure da lontano mettere a confronto con essa il mio intelletto; ma desidero intendere, almeno fino ad un certo punto, la tua verità, che il mio cuore crede e ama. Non cerco infatti di capire per credere, ma credo per capire”. Proslogion, 1.
Volendo Anselmo considerare le questioni riguardanti la fede, egli non poteva non prendere in considerazione i misteri dell’Incarnazione del Verbo di Dio e della Redenzione, di cui parla nell’opera teologica Cur Deus Homo.
Tra le domande in cui si cimenta l’opera ci si chiede perché Dio si sia incarnato assumendo la condizione di uomo fino alla passione e alla morte in croce e se fosse necessario un simile sacrificio.
S. Anselmo risponde con la teoria della soddisfazione:
il peccato dell’uomo ha segnato il rapporto con Dio in modo grave; l’uomo allora dovrebbe dare piena soddisfazione all’ingiuria causata dal peccato restituendo l’onore dovuto a Dio. Se Dio, poi, rimettesse il debito con un atto di sola misericordia non verrebbe ristabilito l’ordine turbato dal peccato dell’uomo. Inoltre, il disegno di Dio per l’uomo è la beatitudine. Si rende, cosi, necessaria la soddisfazione, cioè la spontanea soluzione del debito.
Posta dunque la necessità di salvezza dell’uomo e l’impossibilità di questo a soddisfarla, dato il forte squilibrio esistente tra la grandezza del Creatore e la piccolezza della creatura, non resta che accogliere la necessità del Dio-Uomo, Gesù, che rende possibile la realizzazione della beatitudine per l’uomo, mantenendo l’esigenza di giustizia divina.
Nel suo discorso circa la libertà, Anselmo parla della volontà di azione che deve trovare corrispondenza nella rettitudine e nella giustizia. Quando la volontà è giusta, infatti, è anche conforme a ciò che Dio vuole. La libertà è fare ciò che è giusto e la volontà è tanto più libera quanto più è retta e quanto meno pecca; è necessario volere la felicità giustamente e non smodatamente. Solo chi ama ciò che vuole e vuole, in modo giusto e retto, è felice.
L’amore per la verità e la sete di Dio hanno segnato l’esistenza di Sant’Anselmo che ha ricercato un’unione sempre più intima con Gesù: Via, Verità e Vita. Cosi egli prega:
“Che io ti cerchi desiderandoti, che io ti desideri cercandoti, che io ti trovi amandoti, che io ti ami trovandoti”.