“Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo”: l’icastica frase tratta dal “Faust” di J.W.Goethe, scelta come tema della 38° edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, è stato uno spunto di riflessione cruciale per una mostra molto suggestiva dedicata al “passaggio” dell’eroe greco Enea nella tradizione culturale e figurativa. Il percorso, a cura di Casa Testori, Davide Dall’Ombra, Luca Fiore, Giuseppe Frangi, Francesca Radaelli, ha proposto al visitatore della kermesse riminese alcune opere originali di artisti, per lo più ancora viventi (tranne Warhol e Antonioni), per testimoniare quanto il peso del passato possa pesare sulle spalle di chi è chiamato a creare.
La figura emblematica di Enea che incarna in pieno il concetto di pietas anticipando addirittura la misericordia del cristianesimo, agli occhi degli artisti contemporanei si presenta come il simbolo di colui che è capace di portare sulle spalle il padre Anchise mentre scappa da Troia in fiamme. Con rispetto, compassione, obbedienza, umiltà e devozione il protagonista assoluto dell’“Eneide” di Virgilio sorregge il padre cieco e zoppo e si fa carico delle sue debolezze pur di salvarlo insieme a suo figlio Ascanio. Ad aprire l’esposizione degli artisti che hanno accettato il rischio di fare i conti con l’eredità del passato, è Andy Warhol, uno dei più grandi del Novecento, con un’opera che si ispira all’“Ultima Cena” di Leonardo Da Vinci, “riguadagnata” in chiave Pop dove si evidenzia l’attaccamento alla religione cattolica, nascosto ma reale, che Warhol eredita dalla madre.
Nel cortometraggio “Lo sguardo di Michelangelo” realizzato nel 2004 da Michelangelo Antonioni e considerato il testamento spirituale del grande regista ferrarese, emerge invece tutto lo struggimento per la bellezza perfetta dell’arte. Il Maestro Antonioni ormai anziano incontra in un dialogo silenzioso e carico di estasi mistica “il Mosè” di Michelangelo Buonarroti nella Basilica romana di San Pietro in Vincoli dove si conserva la tomba di Giulio II con la celebre scultura marmorea. E’ una mamma pura e immacolata che infonde calore materno la Madonna di Alberto Garutti commissionata nel 2007 per lo spazio di una chiesa. All’interno della scultura quasi eterea di colore bianco è infatti installato un dispositivo che porta la sua superficie alla temperatura del corpo umano, circa 36.7 gradi: è un tocco di poesia e di amore universale destinato a tutti, non solo a chi è devoto. Oltre alle opere degli artisti Giovanni Frangi, Julia Krahn, Andrea Mastrovito, Adrian Paci, Wim Wenders, colpisce collocata proprio al centro della mostra l’installazione “Qui e ora” di Gianni Dessì realizzata nel 2011: una gigantesca mano in fibra d’agave spunta dal terreno e sorregge una casa gialla in legno e alluminio a forma di lanterna. E’ una metafora del passato che, come un gigante buono, si offre di illuminare il presente sospeso e in bilico. Sembrerebbe curiosa infine, ma in realtà non lo è, l’operazione culturale fatta nel 2016 dall’artista siciliano Emilio Isgrò che utilizza il suo consueto linguaggio della “cancellatura” nel romanzo “I Promessi Sposi”, come segno di “un atto d’amore”, di “un’azione distruttiva che in realtà costruisce”.
Isgrò interviene su 35 pagine dell’opera manzoniana nella sua versione definitiva, la cosiddetta “Quarantana”, e con inchiostro nero o tempera bianca “cancella” per 25 lettori e 10 appestati alcune parti, lasciando intravedere solo alcune parole chiave, per far emergere il telaio nascosto che regge l’intero testo e quindi valorizzare la grandezza dell’autore. “Cancellandola – spiega Isgrò – mi sono accorto di come la scrittura manzoniana sia quanto di più potente e sorgivo abbia scoperto la nostra letteratura dopo Dante. Giacchè in Manzoni anche la cultura si fa natura.” Parole senza dubbio incisive e foriere di un messaggio per noi posteri: ci insegnano quanto davvero l’eredità dei padri torna ad emergere prepotentemente in tutta la sua bellezza malgrado cerchiamo di “cancellarla” o molto spesso di dimenticarla.