Questa tradizione affonda le sue origini in una antica leggenda, che narra di un nugolo di galline raspanti che riportarono alla luce una tavola lignea con il volto della Santissima Vergine. Il miracoloso ritrovamento, venne interpretato come la decisione della Madonna di essere venerata in quei luoghi, successivamente infatti venne presa la decisione di costruirci un degno luogo di culto, divenuto con i secoli l’attuale Santuario. Si presume che la tavola venne trasportata da Monaci scappati dall’Oriente tra l’ottavo e il nono secolo, per salvarla dalla furia della distruzione iconoclasta.
A tale immagine vengono attribuiti ben 8 miracoli, il primo avvenne nel 1609, quando uno storpio, si addormentò nello spogliatoio della Parrocchia di San Felice, ove era conservata la Sacra Immagine, la stessa notte, l’uomo sognò la Madonna, quest’ultima lo invitò a gettare le stampelle e ad alzarsi in piedi, perché era guarito. Questo evidente miracolo, portò l’antica Parrocchia agli onori della cronaca, e nel periodo compreso tra il 1609 e il 1610, si verificarono altre 7 guarigioni. Nel 1787, la Sacra Immagine venne incoronata come riconoscimento da parte della popolazione per la protezione offerta dalla Vergine.
Questa particolare Processione, ha luogo nella città campana di Pagani (SA) dal venerdì dell’ottava di Pasqua al Lunedì successivo.
I festeggiamenti iniziano con l’apertura delle porte del Santuario dedicato alla stessa Madonna delle Galline, che vengono chiuse dal giorno di Pasqua, al fine di preparare il trono e la Statua della Santa Vergine, quest’ultima viene ricoperta da un telo oscurato per tutto l’anno, come vuole la tradizione. Mentre l’immagine miracolosa è esposta tutto l’anno, il simulacro viene mostrato al pubblico solo in processione o nell’ultima settimana di settembre, per ricordarne l’incoronazione.
La domenica in albis si svolge la processione della Statua della Madonna del Carmine (rinominata Madonna delle Galline), in antichità il carro era spinto dai fedeli, oggi si ricorre invece ad un motore. La popolazione, mentre la Statua prosegue offre alla Vergine galline (principalmente), papere, tacchini, colombe o gallinelle. Assieme all’offerta dei volatili si aggiunge quella di dolci o tortani (torte salate rustiche ripiene di salame e uova, in tempi passati, tale piatto costituiva ciò di più nobile potesse cucinare una famiglia contadina). Infine, mentre il carro passa in rassegna le vie della città, accompagnato da una gran quantità di volatili, le mamme avvicinano i loro bimbi alla Vergine, affinché essa li protegga.
La popolazione omaggia il passaggio della Vergine creando delle piccole edicole votive decorate da preziosi merletti oppure organizzando tammuriate, mostre e banchetti. Quando la Statua giunge davanti alla Basilica Pontificia di Sant’Alfonso, i Padri Redentoristi donano alla Santa Vergine una coppia di galline, seguendo la tradizione iniziata proprio da Sant’Alfonso, la storia narra che quest’ultimo venne ringraziato dalla Madonna donandogli due colombe.
Dopo questa breve interruzione, la Statua prosegue il suo cammino fino ad arrivare in Piazza Corpo di Cristo, dove viene celebrata dal Vescovo la Messa solenne. Una volta terminata la celebrazione, la Statua viene riportata al Santuario, dove viene cantato il Magnificat a conclusione della manifestazione.
Il lunedì all’alba, i tammorrari, che iniziano a suonare sin dal venerdì in albis, depositano i tamburi ai piedi della Statua della Vergine e come atto di venerazione, lasciano il Santuario senza mai voltare le spalle all’altare, mentre cantano l’antico canto di origine popolare Madonna de la Grazie.
I piatti tipici di questa tradizione sono i tagliolini al ragù, il tortano o castiello e i carciofi arrostiti (cotti su un braciere chiamato furnacella). La tradizione popolare prevede che nel mangiare i tagliolini, ci si debba macchiare con il sugo, tale macchia viene chiamata schizzetto.