Raffaello, un viaggio alla riscoperta delle sacre opere

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Il prossimo anno ci prepariamo a celebrare il 500esimo anniversario della morte del famoso pittore, quale migliore occasione per ricordare le sue opere.

Oggi però presteremo particolare attenzione ai dipinti “sacri” dell’artista urbinate, analizzando la celebre serie di Madonne e altri soggetti religiosi, come lo stupendo “San Michele sconfigge Satana” custodito al Louvre.

I suoi dipinti, assieme ad altri di altrettanto importanti maestri, sono tra i più celebri e apprezzati del Rinascimento. Ancora oggi è considerato come uno degli artisti che maggiormente ha lasciato il segno nei pittori successivi, grazie anche alla sua scuola pittorica, chiamata “manierismo”.

Accenni di influenze raffaellite si possono trovare anche in pittori recenti, uno su tutti il particolare artista spagnolo Salvador Dalì.

Origini ed avvicinamento all’arte

Raffaello Sanzio, nasce ad Urbino nel 1483, nonostante siano presenti pareri discordi attorno all’effettiva data di nascita del pittore marchigiano, difatti il Vasari sosteneva che sia nato il 28 marzo, durante il Venerdì Santo.

La tradizione invece racconta, che il maestro urbinate sia nato il 6 aprile, data ed ora coincidente con la morte di Cristo. Entrambe le ipotesi collegherebbero in maniera indissolubile l’artista alla Religione Cattolica.

Il padre, Giovanni de’ Santi, anch’egli pittore, fornì al figlio “la buona via” educandolo alla bellezza dell’arte, contrariamente a quanto successo durante la sua gioventù.

All’epoca il Ducato di Urbino era il centro artistico dell’intero Rinascimento, difatti nelle sale del Palazzo Ducale, l’artista ebbe modo di studiare e visionare le opere di altri grandi maestri, come: Piero della Francesca, Pedro Berruguete, Luciano Laurana, Melozzo da Forlì e molti altri.

Le prime nozioni pittoriche vennero impartite da Giovanni, che insegnò al figlio anche la nobile tecnica dell’affresco, basti pensare che una delle prime opere attribuite a Raffaello è presso la casa familiare e rappresenta una particolare Madonna col Bambino.

Gli insegnamenti del Perugino

Non si conosce con assoluta certezza come il giovane pittore sia finito nella bottega del Perugino, seguendo però quanto raccontato dal Vasari, il Raffaello divenne allievo del perugino prima della morte del padre (1494).

La frequentazione del giovane pittore marchigiano, fu saltuaria, in quanto alternava l’attività paterna ad Urbino e periodicamente si recava a Perugia per migliorare la sua tecnica pittorica.

Le prime impronte lasciate dalla presenza di Raffaello all’interno della bottega del Perugino sono collegate a diversi lavori del pittore tra il 1497 e l’inizio del 16 esimo secolo. Diversi studiosi accreditano al pittore urbinate un intervento nella tavoletta della Natività della Madonna e in alcune figure presenti negli affreschi del Collegio del Cambio a Perugia.

Successivamente il pittore si trasferì a Città di Castello, sempre in Umbria, luogo dove ebbe l’onore di ricevere la sua prima commissione, assegnata da una confraternita locale che volle offrire l’opera d’arte nota come “Lo Stendardo della Santissima Trinità”, come ex voto per il termine di una pestilenza.

Nonostante questo, sono ancora visibili sulle sue opere la presenza dell’influenza del Perugino. Ben presto, il pittore divenne completamente autonomo, tanto da essere menzionato come magister Rafael johannis Santis de Urbino, come visibile in un contratto del ‘500. L’opera derivante da quel contratto purtroppo non è più visibile, in quanto dopo un terremoto avvenuto verso la fine del 18esimo secolo, l’affresco venne diviso e consegnato a diversi monasteri.

Nello stesso luogo, Raffaello lasciò altre opere particolarmente note, la “Crocifissione Gavari”, conservata attualmente a Londra e lo “Sposalizio della Vergine”, quest’ultima è una delle opere più famose dell’artista, custodito ancora oggi in territorio italiano, all’interno della Pinacoteca di Brera nella città di Milano.

Altri artisti lodarono il lavoro del pittore marchigiano, uno su tutti il Vasari, sostenendo che “Crucifisso, la quale, se non vi fusse il suo nome scritto, nessuno la crederebbe opera di Raffaello, ma sì bene di Pietro”.

La permanenza a Firenze

Il periodo fiorentino per Raffaello fu una fonte inesauribile d’ispirazione, all’epoca in terra toscana erano già attivi due artisti di fama come Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti, questo fu uno dei principali motivi che portarono il talentuoso urbinate dalla bottega del Pinturicchio alla bella Firenze.

Per accrescere la sua cultura artistica, il pittore si fece preparare una lettera di presentazione da Giovanna Feltria, sorella del Duca di Urbino, indirizzandola a Pier Soderini, gonfaloniere a vita della città.

L’uomo però, dopo aver acquistato diverse opere, tra cui il David di Michelangelo era in evidenti ristrettezze economiche, rimandando di poco l’arrivo dell’urbinate in Toscana.

L’arte che pervadeva Firenze, pervase il pittore, che in quelle terre strinse diverse amicizie con altri artisti, da Aristotile da Sangallo ad Andrea Sansovino, senza dimenticare l’influenza di Taddeo Taddei, mecenate il quale riservò sempre uno spazio in casa sua per il dotato pittore marchigiano.

Durante il soggiorno a Firenze, Raffaello si dedicò ad una serie di commissioni per diverse nobili famiglie, le quali colpiti dalla bravura dell’artista in tali riproduzioni, chiedevano esclusivamente Madonne, da quella del Prato (custodita a Vienna) dipinta per Taddei e ancora vicina all’impronta del perugino all’innovativa Madonna Bridgewater, definita migliore dal Vasari perché Raffaello apprese da Leonardo e Michelangelo nuove tecniche e metodi pittorici.

La cosiddetta “serie delle Madonne” che rese celebre in terra fiorentina il pittore urbinate, iniziò nel 1500 circa e terminò un anno prima della morte di Raffaello. Nonostante la richiesta dello stesso soggetto, l’artista marchigiano riuscì a migliorare ed arricchire ciascun dipinto, fornendo quella varietà e quei gesti in grado di rendere ogni opera un piccolo idillio.

Il viaggio a Roma e la scoperta dell’architettura

Nonostante il periodo fiorentino fu uno dei più fruttuosi ed eccitanti per Raffaello, la chiamata da Roma di Papa Giulio II verso la fine del 1508, era un’opportunità impossibile da rifiutare. Proprio per questo motivo il pittore urbinate “preparò le valigie” e si diresse nella Città Eterna.

Durante questo periodo affiancò diversi grandi artisti, dal vercellese Sodoma al veneziano Lorenzo Lotto, da queste collaborazioni nacquero grandi opere, dalla Stanza della Segnatura a quella di Eliodoro, dove trova spazio la magistrale Liberazione di San Pietro.

Raffaello La Liberazione di San Pietro

Agostino Chigi, si premurò di suggerire Raffaello come soprintendente ai lavori nella Basilica Vaticana, infatti, nonostante il suo mestiere, le architetture dipinte mostrano ancora oggi un notevole bagaglio di conoscenze in materia.

Dopo una serie di altri lavori, all’artista urbinate venne assegnato il cantiere della futura San Pietro, incarico accettato tra timore ed entusiasmo. Al fine di realizzare un’opera così grande ed imponente da pareggiare con quelle antiche, si studiò il De architectura di Vitruvio, riuscendo così a non intaccare la meravigliosa cupola del Bramante.

Ultimi lavori di un grande artista

Nel 1516, Giulio de’ Medici, mise in competizione Raffaello e Sebastiano del Piombo (amico di Michelangelo), chiedendo a ciascuno di essi una pala per la Cattedrale di Narbona in Francia.

L’artista urbinate, lavorò molto lentamente all’opera, a tal punto che alla sua morte, essa risultava incompleta, la Trasfigurazione del Cristo, fu infatti terminata da Giulio Romano, importante esponente del manierismo. L’opera non solo è di una bellezza unica, ma unisce in se innovazione e dinamismo, assieme ad un magistrale uso della luce.

Raffaello La Trasfigurazione

Il 6 aprile del 1520, durante un Venerdì Santo, Raffaello morì all’età di 37 anni, dopo una forte febbre, dovuta agli “eccessi amorosi” secondo i racconti del Vasari.

Autore: Andrea Bevilacqua

Nato ad Ancona nel 1990, Diplomato in Ragioneria presso l'Istituto Tecnico Commerciale "Grazioso Benincasa". Grande appassionato di storia, cultura e scrittura.