Nel 2006, il Cardinale Maria Martini fece alcune riflessioni sulla nascita di Gesù, e di conseguenza sul presepe, che ancora oggi queste sono un ottimo spunto di riflessione.
Il messaggio che vuole portare il presepe ha varie sfaccettature, ma sempre si concentra su due principi: semplicità e povertà. Di certo il suo fulcro è la scena della natività, con la capanna, la Sacra Famiglia e Gesù Bambino, ma allo stesso tempo è altrettanto importante il contorno di gioia e povertà di cui questa è circondata, di cui è simbolo lo stesso Cristo.
Si deve infatti pensare che Gesù, da ricco che era, si fece povero per noi, facendosi carne per gli uomini e la loro salvezza, per l’amore che prova verso tutti i suoi figli, in particolare i più umili. In questo gesto risiede anche il perfetto esempio di semplicità della fede, che deve sempre nascere dall’amore e permette a tutti di poter aspirare al regno dei cieli. Lo stesso Gesù ci ha detto “se il tuo occhio è semplice anche il tuo corpo è tutto nella luce” (Mt 6,22). Anche Giovanni evangelista ci ricorda nella usa prima lettera l’importanza e l’esperienza di Maria e Giuseppe nel presepio: “Abbiamo veduto con i nostri occhi, abbiamo contemplato, toccato con le nostre mani il Verbo della vita, perché la vita si è fatta visibile.” E questa vita, e questa gioia non sono certo appannaggio unico di chi visse al tempo di Gesù, ma sono anche tangibili nella vita quotidiana, tramite il prossimo da amare ed il percorso che si fa con la preghiera e con l’Eucaristia, in particolare quella del periodo natalizio, da sempre fonte di grande gioia. Fidarsi di Dio e sapere che Dio veglia su di noi, anche a costo del suo più grande sacrificio, è la via che porta ad avere una piena fede nel Verbo della vita, in grado di risanare malattia, povertà e ingiustizia, di certo presenti nel mondo e che devono indignarci e portarci a lottare per qualcosa di migliore, ma sempre con la consapevolezza che Dio si cura di noi. Ecco come si raggiunge la povertà di spirito di cui anche il presepe è un simbolo.
Eppure abbiamo paura di essere semplici, perché dovremmo diffidare, ci vergogniamo della povertà, come se la ricchezza fosse la meta ultima a cui aspirare, ed arriviamo a temere la gioia, perché le preoccupazioni e le tante situazioni sbagliate o ingiuste portano a dubitare della possibilità di una gioia perfetta. Negare che oggi è difficile credere, a causa di tutte le brutte cose di cui siamo consapevoli è innegabile, ma credere ed avere fede deve rimanere un gesto semplice che ci faccia dire: Gesù nostro signore è con noi! Il Signore è di tutti, ed è pieno di amore verso chi lo invoca. Anche in questo consiste il mistero della fede, che filosofi e teologi studiano fin dal passato. La fede è abbandono, la fede è semplice, se si complica la fede, si rischia di allontanarsi dalla via del Signore. E questa forza della semplicità non ci viene forse ricordata anche dal presepe? Il suo cuore è una famiglia povera, che si scalda con il calore degli animali e tra la paglia, una scena tanto semplice da allestire ma in grado di rinvigorire il cuore e smuovere qualcosa in grado di ricordarci che quelle persone accoglievano per prime il Bambin Gesù nel mondo, affinché lui potesse salvare i suoi amati figli.