Sant’Agata martire

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Sant’Agata nacque a San Giovanni Galermo, l’8 settembre del 229. Visse nel III secolo, durante il proconsolato di Quinziano. Sia la Chiesa cattolica che la Chiesa ortodossa la venerano come santa, vergine e martire.

Sant’Agata fu una delle martiri più adorate dell’antichità cristiana. Non tradì mai la professione della sua fede cristiana e per questo venne messa a morte al tempo della persecuzione di Decio tra il 249 ed il 251 a Catania.

Nella sua biografia scritta troviamo interrogatori, torture, ed una resistenza costante, frutto di una fede incrollabile nella Chiesa.

Dai suoi scritti apprendiamo che a Catania dal III secolo esistesse una comunità cristiana. Ulteriore conferma proviene dalla scoperta a Catania nel 1730 di un’iscrizione datata fine III secolo che segnalava la sepoltura di Iulia Florentina, una bambina sepolta, per volere dei genitori, dove erano presenti le sepolture dei martiri cristiani.

L’iscrizione testimonia la diffusione del culto di sant’Agata, dopo la sua morte, anche in altre città. Altro rinvenimento l’iscrizione a Ustica, di Palermo, del III secolo dove si accenna a una donna Lucifera morta il giorno di Agata.

All’inizio del 251 il proconsole Quinziano, giunto alla sede di Catania chiese a tutti i cristiani di abiurare pubblicamente la loro fede mettendo in moto una crudele persecuzione. Agata fuggì con la famiglia a Palermo ma Quinziano li trovò e li fece tornare a Catania.

Quando il proconsole vide la giovane s’invaghì di lei. Le ordinò di ripudiare la sua fede e adorare gli dèi pagani ma le sue minacce furono vane.

Al rifiuto risoluto di Agata, il proconsole prima l’affidò per un mese all’ affidamento rieducativo della cortigiana Afrodisia. Afrodisia era probabilmente una sacerdotessa di Venere o Cerere, dedita alla prostituzione sacra.

Lo scopo di tale affidamento era corrompere la morale di Agata, con pressioni psicologiche, fatte di attrazioni e minacce, per assoggettarla alle voglie di Quinziano. Agata tuttavia riuscì a sopravvivere a quella prova diventando più forte di prima, scoraggiando le sue stesse tentatrici.

Quinziano decise allora di gettare Agata nelle carceri e di sottoporla a violenze per piegare la giovane ai suoi voleri. Venne barbaramente torturata,  le fu strappato il seno, mediante delle tenaglie. La tradizione ci tramanda che quella notte San Pietro venne a farle visita rassicurandola e portandole conforto risanando prodigiosamente le ferite. Venne allora infine condotta al supplizio dei carboni ardenti. La notte del 5 febbraio 251, Agata morì nella sua cella.

Nel 1040 Giorgio Maniace generale bizantino trafugò le reliquie della Santa per portarle a Costantinopoli. Nel 1126 due soldati, che erano stati in precedenza in servizio nell’esercito bizantino, Gisliberto  e Goselmo trafugarono i resti della martire per restituirle al Vescovo di Catania.

Il mattino dell’8 agosto 1126 la nave approdò sulle coste di Gallipoli e Goselmo, come segno di riconoscimento per l’ospitalità ricevuta, lasciò sul litorale una delle reliquie più insigni della Santa, ovvero una delle due mammelle. La reliquia è conservata oggi nella Basilica di Santa Caterina d’Alessandria di Galatina.

Il 17 agosto 1126, le reliquie rientrarono nel Duomo di Catania. Oggi i resti sono conservati in parte dentro il busto in argento, ovvero parte del cranio, del torace e alcuni organi interni. Altri reliquiari dentro un grande scrigno, anch’esso d’argento, dove si trovano, braccia e mani, femori, gambe e piedi, la mammella e il velo.

Sant’Agata è Patrona  di Catania, di Gallipoli, della Diocesi di Nardò-Gallipoli, della Repubblica di San Marino e Malta. Dopo la Vergine Maria, sant’Agata è una delle sette vergini e martiri ricordate nel canone della Santa Messa.

Autore: Franco Collodet

Sociologo e scrittore. Studi specialistici in Scienze Storico-Antropologiche delle Religioni. Master presso la Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini. Esperto dei cammini religiosi in Europa e in Medio Oriente.