La nostalgia di Dio causata dalla quarantena

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Da oggi, è permesso alle Celebrazioni Eucaristiche di riprendere nella varie parrocchie italiane, dopo il lungo periodo di divieto per fronteggiare l’emergenza sanitaria da coronavirus. La scorsa settimana le chiese sono state oggetto di sanificazione e bonifica per poter tornare ad accogliere i fedeli, che sono stati forzatamente lontani dai luoghi di culto e che finalmente potranno farvi ritorno. Finalmente, è proprio il caso di dirlo, perché questa lontananza obbligata ha creato un vera e propria “nostalgia di Dio” come l’ha definita Monsignor Gianpiero Palmieri, vescovo ausiliare di Roma, intervistato in merito alla riapertura. Le varie parrocchie sono infatti rimaste “aperte” con collegamenti e servizi in streaming, piattaforme digitali e talvolta tramite il “vecchio” telefono. In questo modo i preti sono riusciti a rimanere in contatto con le proprie comunità, che invece di trovare parrocchie chiuse e isolate hanno sentito costantemente la presenza dei sacerdoti, e del Papa stesso, nei suoi interventi e nelle Messe trasmesse da Casa Santa Maria, durante i quotidiani appuntamenti mattutini. Molti fedeli si sono espressi affermando che “non vi abbiamo mai sentito così vicino”, riferendosi proprio alla Chiesa come istituzione ed al modo in cui è riuscita a rimanere in contatto. Questo ha portato certo ad un cambiamento che andrà a consolidarsi nel prossimo periodo, e parte di questo si deve sicuramente Papa Francesco, con i suoi modi umili quanto genuini. La gente ora più che mai sente la necessità di una mano di conforto. E Monsignor ricorda anche come “in questo momento le persone hanno bisogno non tanto di pacche sulle spalle ma di buon cibo solido, di Parola di Dio, di senso, di spiritualità”.

Questo digiuno eucaristico volge quindi al termine, anche se rimangono molti dubbi su quando la paura e le norme anticontagio (ancora viste purtroppo con sospetto da molti) possano scoraggiare i fedeli dal partecipare alle celebrazioni delle Messe. Eppure, si è percepito con forza e chiarezza il desiderio di numerose famiglie di poter tornare a celebrare in comunità i sacri riti, e si spera che man mano che l’epidemia sarà sempre più sotto controllo, anche i timori inizieranno a scemare.

Intanto, oltre alla sanificazione degli ambienti, quello che aspetta i fedeli che andranno a partecipare alle funzioni sono:
volontari in grado di regolare e controllare il flusso dei presenti, in entrata ed in uscita, per evitare un soprannumero ed assembramenti, che sono ancora un’alta fonte di rischio, e che provvederanno a tenere aperte le porte, per evitarne il continuo contatto ai fedeli;
– distanziamento sociale tra i partecipanti secondo le regole della sicurezza fornite dal governo;
– obbligo di indossare la mascherina per tutti i partecipanti;
comunione distribuita tramite file ben organizzate, dal sacerdote che si igienizzerà le mani prima di impartirla passando il “corpo di cristo” nelle sole mani dei fedeli.

Insomma, la sicurezza prima di tutto, con tutti i necessari mezzi adeguati richiesti, per iniziare a colmare quella nostalgia di Dio che la quarantena ha creato. Un piccolo vuoto spirituale che la moderna tecnologia ha permesso di colmare in parte, ma che brama di nuovo quel senso di comunità e appartenenza che le celebrazioni eucaristiche in primis sanno donare a tutti noi.

Autore: Redazione