Molti pensano che l’arte dei tatuaggi, così in voga nel mondo odierno, sia ad appannaggio esclusivo di qualche sperduta tribù africana o aborigena. In queste realtà a noi così distanti, gli speciali tratti colorati rappresentavano vari passaggi della vita, l’appartenenza ad un determinato clan o l’enfatizzazione della virilità di un particolare individuo.
In realtà la tecnica del tatuaggio è più vicina a noi di quanto non si pensi, infatti, l’Uomo di Similaun o Mummia di Similaun (chiamato comunemente Otzi), il cui corpo fu rinvenuto nel 1991 in territorio italiano, riporta ben 61 tatuaggi. Si presume che questi “disegni” abbiano valenza curativa e religiosa, in quanto nelle vicinanze dei tatuaggi furono individuate alcune forme di artrosi. La tecnica ovviamente non è la medesima dei tatuatori odierni, infatti consisteva nel praticare dei piccoli tagli sulla pelle, successivamente ricoperti con del carbone vegetale che permetteva di ottenere l’immagine finita.
Dopo questa doverosa premessa, torniamo al titolo, in che modo i tatuaggi, derivanti spesso da culture pagane sono correlate alla nostra religione?
Questa usanza parte dai Cavalieri Crociati, che durante la “Guerra Santa” si facevano tatuare simboli di natura religiosa, per farsi seppellire in terra consacrata qualora morissero tra gli “infedeli”.
La Chiesa aveva già vietato queste pratiche, attraverso la Bolla Papale di Papa Adriano I, altre documentazioni ecclesiastiche tentarono di proibire questa usanza, ma invano. Si pensi che tra i luoghi dove veniva maggiormente praticata questa arte, ci sono proprio i luoghi di pellegrinaggio religioso, era infatti usanza marchiarsi sulla pelle (preferibilmente mani e polsi) un simbolo religioso come prova di fede.
Questa “tradizione” era molto in voga presso il Santuario Mariano di Loreto (AN), infatti lo stesso Museo Antico Tesoro della Santa Casa di Loreto ospita al suo interno delle tavolette di bosso, risalenti al 16esimo secolo, recanti le immagini utilizzate per i tatuaggi. La pratica continuò fino al 1871, quando il Consiglio Comunale di Loreto la proibì, nonostante ciò si continuò a praticarla fino ai primi anni del ‘900.
I “marchiatori” erano probabilmente calzolai, questi ultimi conservavano nelle loro botteghe delle tavolette di legno di bosso intagliate (usate come stampo), un pennino inusuale a tre punte e dell’inchiostro turchino. Il procedimento consisteva nel marcare la figura nella pelle del fedele, poi con lo speciale pennino a tre punte, si bucherellavano i bordi ed infine si spalmava l’inchiostro nelle ferite appena aperte.
Le immagini utilizzate maggiormente erano quelle della Madonna di Loreto e del Crocifisso di Sirolo, quest’ultimo è il luogo dove generalmente terminavano i pellegrinaggi, da qui nacque il detto “Chi va a Loreto e non a Sirolo, vede la Madre e non il Figliolo”. Tra gli altri simboli usati si annoverano quelli Francescani, della Compagnia di Gesù, dello Spirito Santo, uniti a disegni più profani come cuori e ancore.
La mostra che parla di questo bizzarro connubio tra sacro e profano, ricavata dalla collezione privata di Jonatal Carducci, verrà presentata a Loreto (AN) Sabato 31 Marzo dalle ore 16:00 e sarà presente in città fino al 10 Giugno 2018.
La mostra rispetterà i seguenti orari:
Sabato e Festivi dalle 10:00 alle 12:30 e dalle 16:30 alle 19:30
Feriali dalle 16:30 alle 19:30.
L’immagine è stata gentilmente concessa da Jonatal Carducci, proprietario del sito www.tatuaggilauretani.it