Dall’eremo di sant’Antonio alle leggende del bosco incantato

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Nel cuore dell’Italia centrale, incastonato come un gioiello prezioso c’è un luogo pieno di fascino e di mistero. Questo “santuario verde”, il Bosco di Sant’ Antonio, rappresenta una delle risorse  più preziose degli Appennini del centro Italia. Il bosco prende il nome dall’Eremo di Sant’Antonio che si trova nel comune di Pescocostanzo, lungo il percorso che lo collega al paese di Cansano,  all’interno del parco nazionale della Majella.

Eremo di sant’Antonio

L’eremo  risale tra il ‘300 ed il ‘400, all’interno è ospitata la statua lignea di Sant’Antonio della fine del ‘300. La prima fonte storica dell’esistenza dell’eremo è rappresentata da una bolla pontificia del 1536, mentre l’iscrizione sull’architrave del portale, testimonianza del suo restauro, è del 1577.

In questa stagione il bosco, Riserva naturale, assume dei colori unici richiamando visitatori da ogni parte d’Italia. Un tempo il territorio era destinato al pascolo, veniva chiamato Difesa, poiché era un luogo chiuso e proibito. All’inizio del percorso una quercia centenaria da il benvenuto al visitatore, ma il padrone del bosco è senza dubbio il faggio, un albero millenario ormai vetusto che con la sua presenza racconta ad ogni pellegrino il succedersi eterno delle stagioni e dei secoli. Dalle leggende si apprende che la foresta è stata dedicata nel passato a Giove, ritenendo considerasse  sacro l’albero del faggio.

Il bosco di Sant’Antonio con le sue moltitudine di fauna e flora offre un habitat unico nel suo genere, presentando in questa stagione boschi con alberi multicolore, corsi d’acqua cristallina, prati e terreni a piane. Nell’antichità i pastori usavano questi luoghi meravigliosi per portare al pascolo le loro greggi sulla popolare via della transumanza che dall’Abruzzo conduceva nella più mite Puglia, per permettere agli ovini di superare l’inverno.

Difatti da queste parti l’inverno si fa sentire e la neve nei mesi invernali fa fatica ad abbandonare il bosco. La vegetazione appare così velata da un candido pizzo e a terra la soffice coltre è quasi dappertutto inviolata. Solo le impronte sparse di qualche animale fanno presagire ancora un anelito di vita.

Per visitare l’eremo di sant’Antonio ed il bosco incantato si può arrivare in auto fino a Pescocostanzo e da lì intraprendere il cammino. Info: iat.pescocostanzo@abruzzoturismo.it

Autore: Franco Collodet

Sociologo e scrittore. Studi specialistici in Scienze Storico-Antropologiche delle Religioni. Master presso la Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini. Esperto dei cammini religiosi in Europa e in Medio Oriente.