Domenica in Albis, festa della Divina Misericordia

di Pubblicato in Approfondimenti, Eventi, News, Ricorrenze Religiose

La Domenica in Albis è una di quelle solennità che, purtroppo, nel tempo hanno perso un po’ di visibilità nel cuore della gente, ma che in realtà racchiudono un significato profondo, radicato nel mistero della Pasqua e nella bellezza della vita cristiana. Quest’anno cade il 27 aprile, la prima domenica dopo la Pasqua, e come ogni anno rappresenta un invito a non considerare la Risurrezione come un evento isolato da ricordare per un giorno soltanto, ma come il punto di partenza di un cammino di luce, rinnovato e continuo.

Il nome “in Albis” viene dal latino “Dominica in albis depositis”, che significa “domenica in cui si depongono le vesti bianche”. Già questo particolare ci riporta indietro, alle antiche celebrazioni battesimali della Chiesa primitiva: nella notte di Pasqua, i nuovi battezzati ricevevano la veste bianca, simbolo della purezza, della nuova vita, della rinascita nello Spirito. Per otto giorni, fino alla domenica successiva, questi neofiti partecipavano alle celebrazioni ancora indossando quella veste, per testimoniare visibilmente la loro appartenenza al Risorto. La domenica dopo Pasqua, appunto, deponevano l’abito bianco, ma non l’impegno e la vocazione: quel segno esteriore cedeva il passo a una vita interiore trasformata, destinata a proseguire giorno dopo giorno.

Questa domenica, quindi, non è un semplice “prolungamento” della Pasqua, ma un suo completamento. È come se la Chiesa, con sapienza materna, volesse dire ai suoi figli: “Non basta celebrare la Risurrezione, occorre viverla”. La Domenica in Albis è quella soglia simbolica che introduce il cristiano a un’esistenza pasquale concreta, fatta di scelte, di fiducia rinnovata, di sguardo rivolto al Cielo pur rimanendo con i piedi ben saldi sulla terra.

E non è un caso che proprio su questa domenica si sia innestata, da qualche decennio, la Festa della Divina Misericordia, voluta da San Giovanni Paolo II. Fu proprio lui, il 30 aprile del 2000, a istituirla ufficialmente durante la canonizzazione di Santa Faustina Kowalska, l’umile suora polacca che ricevette, nel silenzio del suo convento, le rivelazioni di Gesù Misericordioso. Un segno potente, quello di abbinare la Domenica in Albis alla Misericordia: come a dire che la veste bianca che riceviamo nel battesimo non può essere conservata con le sole forze umane, ma viene custodita e rinnovata ogni giorno dall’amore gratuito di Dio, che perdona e ricostruisce.

In effetti, se ci pensiamo bene, anche il Vangelo di questa domenica è un gioiello di misericordia e tenerezza. La liturgia ci fa rileggere l’episodio dell’incredulità di Tommaso, l’apostolo che non c’era la sera di Pasqua, quello che voleva toccare con mano, quello che aveva bisogno di prove concrete per credere. E Gesù, lungi dal rimproverarlo con durezza, gli offre esattamente quello di cui ha bisogno: “Metti qui il tuo dito, guarda le mie mani… non essere incredulo, ma credente”. Un gesto che trasuda pazienza, rispetto, amore per la fragilità umana. Tommaso rappresenta ciascuno di noi, nei nostri dubbi, nelle nostre paure, nei nostri tentennamenti. E la Domenica in Albis ci ricorda che la Risurrezione non è una fiaba da bambini, ma un cammino reale, dove ogni passo può essere incerto, ma dove il Signore non si stanca mai di venire incontro.

Un’altra bellezza di questa domenica è il suo stretto legame con il simbolismo del numero otto. Gli antichi cristiani chiamavano questo giorno “l’ottavo giorno”, non come semplice seguito dei sette giorni della settimana, ma come segno di qualcosa che va oltre: otto è il numero dell’eternità, dell’inizio senza fine, della creazione nuova inaugurata dalla Risurrezione. Celebrare la Domenica in Albis significa, quindi, ribadire che per chi crede, la Pasqua non finisce mai. La gioia, la luce, la vittoria sul peccato e sulla morte diventano uno stile di vita, una direzione chiara, una certezza che non si spegne.

In un mondo abituato a correre da una festività all’altra, dimenticando subito il senso di ciò che si celebra, la Domenica in Albis arriva silenziosa ma forte a dirci: “Fermati, rifletti, lasciati toccare ancora dalla luce della Pasqua. Non sei più quello di prima. Sei risorto con Cristo, anche se a volte non te ne accorgi”.

E così, anche il 27 aprile di quest’anno, la Chiesa ci chiamerà a deporre non solo le vesti bianche esteriori, ma anche le paure, i dubbi, le vecchie abitudini che ci tengono ancorati a una vita “da sepolcro”, per indossare ogni giorno quella veste nuova che non si logora, la veste della fede viva, della speranza concreta, della carità operosa. La Domenica in Albis non chiude la Pasqua, la spalanca. Sta a noi, come a Tommaso, scegliere se rimanere chiusi dietro le nostre porte per paura, oppure accogliere l’invito di Gesù e rispondere, semplicemente, con tutto il cuore: “Mio Signore e mio Dio!”

Autore: Redazione

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