C’è qualcosa di affascinante nelle storie che sembrano scritte dal destino, nei personaggi che non si accontentano di vivere la loro vita, ma scelgono di cambiarne il corso. Giovanni Bosco, per tutti Don Bosco, non era solo un prete: era un visionario, un sognatore concreto, uno che parlava ai ragazzi con il cuore e con le mani, perché le parole servono, ma senza i fatti restano vuote.
La sua vita è un mosaico di episodi incredibili, di sogni profetici, di ostacoli superati con la determinazione di chi non si arrende mai. Nato in una famiglia poverissima, cresce con un’idea ben chiara: dedicare la vita ai giovani, quelli dimenticati, quelli senza futuro, quelli che la società considera solo problemi da risolvere. E lui lo fa, ma non con lunghi discorsi o con facili pietismi. Lui li incontra, li ascolta, li fa giocare, li aiuta a imparare un mestiere. Li ama. E il suo amore non è fatto di belle parole, ma di opportunità concrete.
Il suo Oratorio non è una scuola tradizionale, è un rifugio, una casa, un laboratorio di sogni. I ragazzi entrano disperati e ne escono uomini con un futuro. L’educazione di Don Bosco non è rigida, punitiva o fredda: è paterna, coinvolgente, basata sulla fiducia. Lui sa che dietro ogni sguardo sfuggente c’è un bambino che ha bisogno di credere in se stesso. E così cambia le vite, una per una, come un artigiano che modella il marmo con pazienza.
C’è un episodio che racchiude il suo spirito meglio di mille parole. Un giorno, mentre cammina per Torino, incontra un ragazzino che lo guarda con aria sospettosa. «Sai fischiare?» gli chiede Don Bosco. Il piccolo scuote la testa. Allora lui gli insegna, e tra un fischio e l’altro nasce un’amicizia. Niente prediche, niente promesse vuote, solo un momento autentico, sincero. Ed è così che inizia il suo miracolo quotidiano: conquistare i cuori uno alla volta, senza imposizioni, ma con la dolcezza di chi sa che il bene si costruisce con gesti semplici.
Ma Don Bosco non è solo il santo dei ragazzi. È un innovatore, uno che anticipa i tempi, che comprende prima degli altri che il futuro passa dall’educazione e dal lavoro. Fonda scuole professionali, inventa un metodo educativo che ancora oggi è attuale, scrive libri per rendere la conoscenza accessibile a tutti. E poi c’è la sua fede, una fede incrollabile, vissuta non come un dovere, ma come una passione. Parla con Dio come si parla a un amico, e questo traspare in ogni sua azione.
Morirà il 31 gennaio 1888, lasciando dietro di sé un’eredità immensa: i Salesiani, la Famiglia Salesiana, centinaia di scuole, oratori, missioni in tutto il mondo. Ma soprattutto lascia un esempio, quello di un uomo che ha creduto nei giovani quando nessuno lo faceva, che ha dato speranza a chi non ne aveva più. E ancora oggi, in ogni angolo del pianeta, ci sono ragazzi che grazie a lui trovano una strada diversa, una possibilità nuova. Perché il bene, quando è vero, non finisce mai.