Dal 5 all’8 marzo, Papa Francesco si è recato in Iraq, una visita progettata anche da San Giovanni Paolo II, ma che nessun pontefice aveva mai realizzato prima. Così, dopo che in particolare gli ultimi anni sono stati segnati da guerra e terrorismo, un Papa giunge nella terra di Abramo. Papa Francesco ha visto in questa opportunità un segno di speranza, ed ha avvertito “il senso penitenziale di questo pellegrinaggio”.
Parla infatti a un popolo e una terra ancora lacerati da conflitti cominciati in passato e mai cessati del tutto. Ha definito la Chiesa irachena “martire”, per la croce che porta su di sé, da anni, una croce di cui ha condiviso e avvertito il peso durante il viaggio apostolico. Il senso di dolore e tormento sono stati avvertiti “in modo particolare vedendo le ferite ancora aperte delle distruzioni, e più ancora incontrando e ascoltando i testimoni sopravvissuti alle violenze, alle persecuzioni, all’esilio“.
Eppure questo senso di forte oppressione, è stato alleviato dalla forza della speranza. Tale sentimento era ben impresso “sui volti luminosi dei giovani e negli occhi vivaci degli anziani“, che da ore aspettavano in piedi l’incontro con il pontefice. Una speranza ben presente anche nel discorso del Presidente della Repubblica, che può solo condurre verso “un orizzonte di pace e fraternità“, perché attorno a sé, Papa Francesco avvertiva chiara la volontà di accogliere con gioia il messaggero di Cristo.
Nel ricordare che la via per sopravvivere e riuscire a terminare i conflitti è quella della fratellanza, è stato semplice e ovvio citare Matteo 23,8 con le parole “Voi siete tutti fratelli”. Solo attraverso la fratellanza e l’unità, anche i popoli la cui storia è costellata di conflitti, come quello iracheno, potranno trovare la pace, riappropriandosi della dignità che gli appartiene. Troppe ancora oggi le persone costretti a lasciare le proprie case a causa dell’odio fondamentalista che porta la guerra.
“Sempre la guerra è il mostro che, col mutare delle epoche, si trasforma e continua a divorare l’umanità. Ma la risposta alla guerra non è un’altra guerra, la risposta alle armi non sono altre armi. E io mi domandai: chi vendeva le armi ai terroristi? Chi vende oggi le armi ai terroristi che stanno facendo stragi in altre parti? E’ una domanda a cui io vorrei che qualcuno rispondesse.La risposta è la fraternità. Questa è la sfida per l’Iraq, ma non solo: è la sfida per tante regioni di conflitto e, in definitiva, è la sfida per il mondo intero la fraternità.“
Al suo rientro dal pellegrinaggio, il santo padre ha speso parole di ringraziamento per tutti coloro che hanno reso possibile questa visita partendo dal Presidente della Repubblica e al Governo dell’Iraq, fino a tutti i ministri e i fedeli delle rispettive Chiese, e alle Autorità religiose, a partire dal Grande Ayatollah Al-Sistani. Lodando Dio per la possibilità che gli ha dato di compiere questa storica visita, Papa Francesco ha insistito sulla necessità di lavorare per la pace e la fratellanza, anche con i piccoli gesti quotidiani e con la preghiera: perché quella della pace e della fratellanza può essere una via quieta, ma è sempre fruttuosa e ci fa crescere tutti.