Patriarca del monachesimo occidentale, San Benedetto da Norcia istituì la Regola (ora et labora) che fu ispirazione e portò alla nascita di numerosi centri di preghiera, cultura ed ospitalità per poveri e pellegrini. A solo due secoli dalla sua morte, in tutta Europa ci saranno oltre mille monasteri, guidati proprio dalla sua famosa Regola. Lo storico Jacques Le Goff, nel XX secolo, definì Benedetto da Norcia una “voce grande e dolce”, senza la quale sarebbe lecito domandarsi “a quali eccessi si sarebbe spinta la gente del Medioevo”.
Proclamato patrono d’Europa il 24 ottobre 1964, da Paolo VI, San Benedetto da Norcia iniziò con la forma monastica dopo un periodo di solitudine, preghiera ed ispirazione, passato a Subiaco. Tale forma prese vita prima a Subiaco stessa e in seguito a Montecassino. Dopo il declino della civiltà romana, la Regola di San Benedetto tentava di miscelare con saggezza la tradizione monastica orientale al mondo latino; un tentativo che si rivelò un successo in grado di aprire una nuova via alla civiltà europea dell’epoca. Un posto di rilievo all’interno della Regola, troviamo la lettura meditata della parola di Dio e la lode liturgica, spezzati dai ritmi del lavoro, da compiere in un’atmosfera di servizio reciproco e carità fraterna.
L’esempio che diede, fondato sulla sua Regola, influenzò tantissimo la Chiesa e la società, mettendo in risalto la fede come forza vitale in grado di marcare un sentiero pio e positivo per il mondo. La validità della regola benedettina mostra il suo valore nel corso dei secoli, fino ai giorni nostri, ben dopo la morte del suo ideatore, e di cui il mondo può fare frutto. Non ha caso San Benedetto ideò la Regola in un periodo di solitudine e preghiera, con la sola compagnia di Dio, che comprese essere fondamentale per resistere alle tre tentazioni a cui è soggetto ogni essere umano:
– dell’autoaffermazione e del desiderio di porre se stesso al centro
– della sensualità
– dell’ira e della vendetta.
Il sant’uomo aveva deciso che solo resistendo e scacciando queste tentazioni sarebbe stato in grado di aiutare gli altri, tramite parole di conforto e azioni d’esempio per sollevarli dalle loro situazioni di bisogno. Riuscito nell’intento, agì come mai nessuno prima d’allora, donando pace e conforto a tutti coloro che si affidarono alla sua saggia parola.
L’intera vita del santo fu dedicata allo studio ed alla preghiera (ora), senza dimenticare il tonificante ruolo del lavoro (labora) che mantiene saldi ed ancorati alle necessità terrene. La spiritualità di San Benedetto non era qualcosa di interiore, sconnesso dalla realtà, ma un modo di trovare un punto saldo, una forza, durante il periodo confuso e feroce del tempo in cui viveva. Ma lui sapeva che senza la preghiera non c’è esperienza di Dio, ma che questa doveva essere armonizzata alla vita e alla fatica quotidiana, non rimanendo qualcosa di slegato dall’esistenza terrena. Questo quindi il suo potente esempio, un modo di ricondurre la spiritualità dell’uomo e unirla al terreno, senza mai dimenticare che “all’Opera di Dio non si anteponga nulla”, perché il monastero altro non doveva essere che “una scuola del servizio del Signore”. In quest’ottica, le indicazioni di una vita retta e caritatevole non sono mero appannaggio dei monaci, ma per tutti colo che cercano una guida nel loro cammino verso Dio. E questo fu l’apporto che la Regola e la visione monastica di San Benedetto da Norcia portarono in tutta Europa, e che ancora oggi è un’illuminante fonte di fede per il nostro cammino; impossibile quindi non riconoscerlo come un maestro in grado di insegnare l’arte di vivere il vero umanesimo.