Saronno è una città devota a Sant’Antonio da molti secoli. Là si trova infatti anche la pittoresca chiesetta a lui dedicata, a cui è legata la storia del casato Zerbi, antica famiglia saronnese. La chiesetta è un oratoria ancora oggi molto attivo, e le cui prime tracce storiche risalgono al 1385. In un rogito notarile si fa infatti menzione di “un appezzamento di terra di campo giacente nel territorio del borgo di Serono dove si sarebbe dovuto erigere un oratorio”.
La chiesa intitolata a Sant’Antonio viene costruita proprio dalla famiglia del notaio Antonio Zerbi, com’era uso del tempo. In questo modo le famiglie di spicco lasciavano il proprio nome nella storia. Nel tempo divenne un luogo centrale per il raduno dei fedeli, lodato anche dalle personalità in visita. Lo stesso San Carlo Borromeo, vescovo di Milano, nel 1581, durante la una sua visita al Santuario di Saronno, si recò in visita anche alla chiesetta di campagna. Nell’Archivio della Curia Vescovile sono ancora presenti le disposizioni lasciate dal vescovo. Gli Zerbi (e in seguito i loro eredi) continuarono ad occuparsi della manutenzione e del sostentamento della chiesetta, fino al 1859, quando la proprietà fu ceduta alla Parrocchia.
Da allora, la chiesa di Sant’Antonio ha continuato a svolgere un ruolo centrale per la comunità locale. Oltre all’ovvio essere luogo di devozione, è stata trasformazione in lazzaretto durante la pestilenza, ed è stata un punto di riferimento e ritrovo per gli ex-voto, e le sagre contadine.
In ricordo delle vittime della peste, è stata predisposta un’epigrafe in lingua latina all’interno della chiesa, e lo stesso ruolo svolge la stele di granito, posta intorno agli anni trenta. La chiesa svolse il ruolo di lazzaretto anche nelle grandi pestilenze del passato: quella lunga un anno del 1576, e quella più “famosa” descritta dal Manzoni nei suoi Promessi sposi. Quest’ultima causò migliaia di morti nel saronnese, e i sopravvissuti fecero voto a Santa Maria Vergine di recarsi in processione al Santuario per offrire candele votive. Tale tradizionale processione, antica oltre quattro secoli, si tiene ancora oggi nel mese di marzo.
Un luogo e un simbolo perfetto di quello spirito cristiano che animò il giovano Sant’Antonio, che lasciò gli agi e le ricchezze che la vita gli aveva offerto, per condurre vita “asprissima e santissima”, guidato dallo Spirito Divino.