Giovanni Bosco (Castelnuovo d’Asti, 16 agosto 1815 – Torino, 31 gennaio 1888) fu un sacerdote dalla storia peculiare, che fin dal principio lo portano verso la fede e spiritualità cristiana. Considerato un esempio di umanità e sapienza evangelica, si distinse soprattutto per l’ispirato metodo educativo, che lo rese un abile e stimato pedagogo, tanto da rientrare nel gruppo dei santi sociali torinesi; gruppo di religiosi e laici di Torino, che si dedicarono ad attività sociali e di beneficenza a cavallo tra il diciannovesimo e il diciottesimo secolo. Divenuto San Giovanni Bosco in seguito alla canonizzazione avvenuta nel 1934 per decisione di papa Pio XI, ancora oggi è meglio conosciuto come Don Bosco.
Già da bambino la forte spiritualità di Giovanni Bosco emerse durante una notte, con un sogno dal forte significato che ne segnò la vita. Nel sogno, vide dei ragazzini giocare vicino a casa, quando alcuni di questi iniziarono a bestemmiare, Giovanni si lanciò su di loro per farli smettere con calci e pugni. Allora apparve un nobiluomo che lo chiamò, dicendogli che avrebbe dovuto farsi amici i ragazzini “non con le percosse, ma con la mansuetudine e carità”, diventando un loro capo ispirato per istruirli sulla “bruttezza del peccato e la preziosità della virtù”. Quando Giovanni ammise di non averne le capacità e gli chiese chi fosse, il nobiluomo rispose soltanto: “Io sono il Figlio di Colei che tua madre ti insegnò a salutare tre volte al giorno”. Gli rivelò anche che gli avrebbe dato la guida per essere un sapiente, mentre intanto i ragazzini si quietavano. Insoddisfatto dalla risposta, Giovanni si fece insistente, ed allora comparve una nobildonna, mentre i bambini divennero animali feroci o indisciplinati, come orsi, gatti e capre. La donna si avvicinò a lui e disse: “Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Cresci umile, forte e robusto e ciò che adesso vedrai succedere a questi animali, tu lo dovrai fare per i miei figli”, e i ragazzini divennero agnelli mansueti. Nel sogno Giovanni pianse, ammettendo di non capire, la Madonna gli rivelò che “a suo tempo, tutto comprenderai”.
Questo sogno segnò la vita di San Giovanni Bosco, tanto che negli anni non smise mai di raccontarlo ai giovani del suo oratorio e ad altri. Di sicuro per il bambino Giovanni, fu fonte di ispirazione che lo spinse verso la strada del sacerdozio. La vita familiare non era facile, con il padre morto e un fratellastro inviso ai suoi studi, al punto che la madre fu costretta ad allontanare Giovanni, per mandarlo a vivere come garzone in un paese vicino. Il giovane non si perse mai di spirito e nonostante diverse difficoltà procedette con gli studi sacri, imparando al contempo diversi mestieri per mantenersi e poter studiare. Decise anche di apprendere le acrobazie dei saltimbanchi e i giochi di prestigio, per attirare coetanei e gente della zona, invitandoli però prima a recitare con lui il Rosario e ad ascoltare delle letture tratte dal Vangelo.
Gli anni del seminario a Chieti (1835-1841) sono caratterizzati da una forte spiritualità e dalla profonda amicizia con Luigi Collomo, giovane mite e di buon cuore, che Giovanni prese sotto la sua ala protettrice per evitargli i maltrattamenti dei coetanei. Parlando dell’amico nelle sue Memorie, Giovanni ammette che “da lui ho imparato a vivere da cristiano”. Grazie a lui infatti si rese del tutto conto quando fosse importante (per lui e gli altri) raggiungere la salvezza dell’anima. Nel marzo del 1841 ricevette l’ordine diaconato, e nel giugno dello stesso anno iniziò gli esercizi spirituali di preparazione al sacerdozio, presso la Cappella dell’Arcivescovado di Torino. Infine, sotto la guida del teologo Luigi Guala, fu preparato a diventare un prete nel tempo e nella società d’allora.
Giovanni Bosco fu un prete molto attento alla comunità, in particolare ai giovani disagiati, che tentò sempre di salvare e recuperare. Girò per le strade tra i ragazzi più bisognosi in cerca di lavoro per non morire di fame e nelle carceri, dalle condizioni insostenibili, dove giovani finiti nei guai erano rinchiusi in situazioni miserabili. Ben presto ex detenuti, orfani, spazzacamini e ragazzi di strada trovarono in Don Bosco un aiuto e una guida per risollevarsi dalla propria condizione, crescendo di numero e creando una piccola comunità. Giovanni Bosco fu molto efficiente anche nello spingere i diritti dei più giovani in campo lavorativo, eseguendo una vera e proprio opera sindacale nelle botteghe e cantieri che visitava, tanto che a lui si deve il primo “contratto di apprendizzaggio” italiano, in cui il prete faceva da garante, e coinvolgeva il giovane apprendista falegname Giuseppe Odasso. Il prete aiutò anche ad allestire veri e propri laboratori dove i più giovani potevano apprendere un mestiere artigiano, con la collaborazione di adulti volontari, da lui avvicinati.
Nel corso degli anni, Don Bosco fu un prete sempre attivo e attento ai problemi sociali in ogni luogo in cui si ritrovava, tanto che fece anche da missionario in Argentina, a Buenos Aires, dove si ritrovò a gestire una parrocchia e un collegio per ragazzi. Grazie anche a lui la parole e le opere dei salesiani si diffusero in quella parte del mondo.
Il prete tanto amato incontrò la morte (per logoramento) a Torino, il 31 gennaio 1888. Ancora oggi il suo corpo si trova esposto in quella città, nel Santuario di Maria Ausiliatrice. Famoso in tutto il mondo per la sua opera educativa, ancora oggi è un nome molto conosciuto e stimato soprattutto per il grande amore verso i giovani. Le tre parole che racchiudono il suo pensiero e operato sono: ragione, religione, amorevolezza. Tra i molti riconoscimenti ottenuti, anche dopo la sua morte, non si può non ricordare la nomina a Padre e maestro della gioventù, di cui lo ha investito Papa Giovanni Paolo II.