San Gregorio di Narek (nella Grande Armenia, oggi Turchia) fu un monaco cristiano armeno, teologo, filosofo mistico e poeta, venerato come santo dalla Chiesa apostolica armane e da quella cattolica.
Nacque nel 951 in una famiglia di scrittori e suo padre fu arcivescovo. Perse sua madre quando era ancora piccolo, per questo fu educato dal cugino Anania, fondatore della scuola del villaggio. Sua casa per buona parte della vita furono i monasteri di Narek, dove svolse il ruolo di insegnante presso la scuola monastica. Ancora oggi è considerato una dei più importanti ed influenti poeti della storia della letteratura armena. L’anno della sua morte è stimato tra il 1003 e il 1010.
Nel Martirologio Romano San Gregorio di Narek viene ricordato come “monaco, dottore degli Armeni, insigne per la dottrina, gli scritti e la scienza mistica”. Il 27 febbraio è il giorno in cui viene ricordato e celebrato nella Chiesa cattolica.
Proprio il 25 gennaio di quest’anno, Papa Francesco ne ha istituito la memoria facoltaviva per tutta la Chiesa universale, fissandola al 27 febbraio. Poi, lo stesso papa, il 21 febbraio 2021 ha annunciato il conferimento del titolo di dottore della Chiesa a San Gregorio di Narek, confermando così la sentenza affermativa della sessione plenaria dei cardinali e vescovi, membri della Congregazione e delle cause dei santi. Con questa decisione la Chiesa Cattolica ha proclamato San Gregorio di Narek come il 36° Dottore delle Chiesa. L’annuncio solenne della proclamazione avvenne il 12 aprile 2015, in occasione del centenario del genocidio degli armeni, con una lettera apostolica di papa Francesco, durante la celebrezione nella Basilica di San Pietro.
Papa Francesco lo definì un Dottore delle Chiesa che potrebbe essere anche definito “Dottore della pace”, citando il Libro delle Lamentazioni, in cui viene riportata una significativa supplica di San Gregorio, che invocava misericordia e perdono per i nemici. “Non sterminare coloro che mi mordono: trasformali! Estirpa la viziosa condotta terrena e radica quella buona in me e in loro (Libro delle Lamentazioni, 83,1-2)”. Una universale richiesta di misercordia, che coinvolge tutti, che può quindi ben essere dedicata all’intero genere umano.
Fortissima la sua influenza letteraria ma anche quella teologica non è da meno. Si relle sue dissertazioni, anticipò di ben ottocento anni il dogma dell’Immacolata Concezione. Anche per questo, papa Francesco lo ha definito come un “forminadabile interprete dell’animo umano”.