Il motto della santa di oggi potrebbe essere “C’è speranza per tutti”, un po’ alla maniera di Sant’Agostino, perché come lui abbracciò la vita religiosa dopo una convivenza dalla quale nacque un figlio: la singolarità della sua vita è consolazione per ogni uomo, perché ci parla di un cammino di santità percorribile da chiunque e in questo procedere, ogni giorno diventa il tempo della salvezza, il Kayros nel quale scegliere la sequela di Cristo.
Una santa moderna potremmo dire, la cui luce è così forte da essere chiamata la terza stella del francescanesimo (dopo Francesco e Chiara).
Margherita nacque da un’umile famiglia contadina, suo padre Tancredi Bartolomeo coltivava terreni presi in affitto dal Comune di Perugia a Laviano, sulle rive del Lago Trasimeno, nel 1247. All’età di circa 8 anni rimase orfana di madre e suo padre si risposò con una donna che si dimostrò scostante e ostile nei suoi confronti, nonché invidiosa della bellezza che fioriva sempre di più nella giovane.
Il profondo disagio vissuto in famiglia le creò un vuoto affettivo che cercò di colmare buttandosi letteralmente tra le braccia di un giovane nobile di Montepulciano (ricordato come Arsenio, il quale rappresentava per lei il principe azzurro che rendeva possibile la fuga dalla casa paterna. Fu così che intorno ai 18 anni andò a convivere nel castello della famiglia di lui.
Le cose si rivelarono molto diverse da come Margherita le aveva sognate: infatti non era ben voluta dalla famiglia del giovane ed anche quest’ultimo non volle impegnarsi seriamente e ufficializzare la relazione, neppure quando nacque il loro figlio Jacopo (solo un biografo scrive del matrimonio civile dopo un anno di convivenza.
La convivenza comunque andò avanti per 9 anni, finché il compagno di Margherita morì durante una partita di caccia, forse assassinato secondo la tradizione la giovane trovò il suo cadavere in un bosco, guidata da un cagnolino che infatti ritroviamo spesso nella sua iconografia.
Subito dopo questo tragico evento la giovane mamma e suo figlio vengono cacciati dal castello e sanno che per loro anche le porte della casa paterna sono chiuse, qualche biografo sostiene che in quella situazione disperata, Margherita sia arrivata a prostituirsi per non morire di fame e per questo motivo sarebbe la protettrice delle prostitute pentite: nel momento della massima disperazione e solitudine ella volge lo sguardo al Padre nella certezza che solo in Lui potrà trovare conforto e aiuto.
Ora che ha conosciuto l’abisso del suo cuore e la sua miseria ed ha diretto la sua volontà verso un cammino di umiltà, Dio può riempirla di misericordia e la ispira ad andare a Cortona sotto la guida dei Frati minori; qui nel 1272 trovò l’accoglienza di due nobildonne che le diedero un posto dove vivere e le procurarono un lavoro come ostetrica delle ricche cortonesi.
Margherita, sulla scia di Francesco d’Assisi che era morto da pochi anni, diede una svolta decisa alla sua vita, chiedendo di entrare nel Terz’ordine francescano sotto la guida spirituale dei frati Giovanni da Castiglion Fiorentino prima e Giunta Bevegnate poi, che saranno in seguito anche i suoi biografi. Inizialmente la richiesta non fu accolta perché secondo i frati non avrebbe perseverato in quanto era “troppo bella e troppo giovane”, e nell’attesa, che durò tre anni, Margherita visse di preghiera, penitenza e opere di carità, finché nel 1278 divenne oblata francescana l’ordine terziario nascerà formalmente solo nel 1289.
Dopo aver affidato l’istruzione del figlio Jacopo ai frati minori di Arezzo in seguito anch’egli diventerà francescano e la madre lo seguirà costantemente attraverso una relazione epistolare, guidandolo nella sequela di Cristo si ritirò in una piccola cella presso la chiesa di S. Francesco, dedicandosi alla cura e al servizio dei poveri che ricorrevano a lei per essere guariti dai mali fisici, morali e spirituali fu per loro infermiera, cuoca, questuante, ma anche sorella, madre e confidente.
Lì ricevette spesso la visita di gente che chiedeva il suo aiuto per pacificare i contrasti politici (siamo al tempo dei guelfi e dei ghibellini) ma soprattutto si dedicò alla vita contemplativa e di penitenza, cibandosi di pane, acqua ed erbe amare come i padri del deserto e una domenica tornò nella città natale, Laviano, per chiedere il pubblico perdono durante la celebrazione eucaristica, per gli errori giovanili.
Promosse l’assistenza gratuita a domicilio riuscendo a coinvolgere nell’iniziativa moltissime volontarie, tanto da fondare la Congregazione delle “Poverelle”; grazie alla collaborazione e alle donazioni di alcune famiglie facoltose, fondò l’ospedale della Misericordia, accanto alla chiesa di San Basilio, dedicato ai poveri che venivano assistiti dalle Poverelle e dai Mantellati, i cui statuti scrisse personalmente sull’impronta della regola francescana. Per il sostegno dell’Ospedale, Margherita nel 1286 fondò la Confraternita di S. Maria della Misericordia, aperta alle dame che intendevano assistere i poveri ed i malati.
Nel 1288 si ritirò in una cella presso le rovine della chiesa di San Basilio (che il Comune si impegnò su sua richiesta a restaurare), per dedicarsi ancora di più alla preghiera e alla meditazione, unite ad una grande austerità nel cibo, nel vestire, nel parlare, anche per liberarsi dal suo attaccamento alla bellezza esteriore.
In questo tempo che trascorre meditando il mistero della Passione del Signore, tra dure penitenze e flagelli, le viene dato il dono delle esperienze mistiche in cui Cristo le assicura di averla eletta sua sposa e un Venerdì Santo, il Signore le concede di vivere la Passione nella propria carne, alla presenza dei Frati e di tanti cittadini che accorrono assorti e commossi nel vedere la sua sofferenza. A lei che si struggeva al pensiero dei peccati commessi, al punto da pensare che sarebbe stato meglio non essere mai nata, il Signore rivela la misericordia nell’arricchirla di virtù, chiamandola a diventare modello per i peccatori.
Nella sua storia si incarna perfettamente la parabola del padre misericordioso che attende il ritorno del figlio per concedere i doni più grandi, diventando speranza per tutti coloro che si sono smarriti e che non riescono ad immaginare il perdono di un Padre che invece si dimostra più grande del loro cuore perché capace di perdonare anche quello che il cuore rimprovera fortemente.
Il più grande timore di Margherita è quello di perdere questa intimità profonda con il Signore, che il suo cuore smetta di amarlo, di ricevere queste grandi grazie e di non poterne godere per l’eternità; in questo viene a rassicurarla il suo angelo custode che le appare di frequente e al quale chiede ogni volta di cantare l’Ave Maria, nel timore che si tratti di un inganno del demonio.
Nel 1290 passò sotto la guida spirituale del rettore della basilica di San Basilio, ser Badia Venturi, un sacerdote che a contatto con la sua santità passò da una vita disordinata ad una di fervore. Visse gli ultimi anni in maggiore solitudine, assistita nelle sue necessità in maniera molto discreta dalla piccola comunità di figli e figlie spirituali; in questo tempo il demonio la tormentò rinfacciandole i peccati passati, le penitenze o insinuando il dubbio che i colloqui col Signore fossero solo frutto di illusione.
All’alba del 22 febbraio 1297 Margherita lasciò questa terra avvolta da un misterioso profumo che avvertirono i presenti e venne fin da subito venerata come beata, ma solo il 16 maggio 1728 papa Benedetto XIII la innalzò agli onori degli altari con l’appellativo di “Nova Magdalena” e divenne patrona di Cortona che ne conserva ancora il corpo in un’urna collocata sopra l’altare maggiore nella Basilica a lei dedicata, costruita subito dopo la sua morte.
La vicenda terrena di santa Margherita è una consolazione per tutti noi perché ci parla di un Dio che attraverso la potenza dello Spirito Santo è in grado di stravolgere completamente l’esistenza di una persona, se questa nella propria libertà accoglie il suo amore.