Ambrogio nacque intorno al 340 a Treviri, in Germania, da una famiglia benestante e cristiana. Terzogenito dopo i due fratelli Marcellina e Satiro, anch’essi venerati come santi, a Roma studiò retorica, letteratura e diritto ed ebbe, quindi, una formazione letteraria e giuridica.
Da Roma, poi, andò a Sirmio, in Turchia, dove svolse l’incarico di avvocato fino a giungere nel nord Italia, a Milano. Quì l’imperatore Valentiniano I lo chiamò a governare la provincia di Emilia e Liguria, che allora comprendeva l’attuale Lombardia.
Ambrogio, come scrisse, si sentì “rapito” dai tribunali e dalla magistratura di Roma, il 30 novembre ricevette il battesimo e il 7 dicembre l’ordinazione episcopale a Milano. Cosi scrisse lui stesso della sua elezione:
“E’ accaduto che cominciassi ad insegnare prima che ad imparare, dovevo contemporaneamente imparare ed insegnare, perché prima di allora mi era mancato il tempo per imparare”.
La lettura per imparare, la scrittura per insegnare: Ambrogio si affidava alla lettura di testi teologici, dei Padri della chiesa e soprattutto delle Sacre Scritture, confidando che, leggendo la Scrittura, Dio passeggiasse con lui in Paradiso. Per Ambrogio la lettura della Bibbia e il suo approfondimento costituiscono un elemento fondamentale nella vita cristiana:
“La Scrittura divina si beve, la Scrittura divina si divora, quando il succo della parola eterna discende nelle vene della mente e nelle energie dell’anima”. (Commento al Salmo I, 33).
Ambrogio trasferì nell’ambiente latino la meditazione delle Scritture già avviata da Origene, autore della teologia alessandrina, iniziando la pratica della lectio divina. Questa esperienza di lettura e preghiera della Sacra Scrittura si articola in diverse tappe. Un momento orante iniziale che prevede la Lectio, ossia la lettura del testo ripetuta, segue la Meditatio, un approfondimento del messaggio letto, nell’Oratio si dialoga con il Signore e attraverso la Contemplatio il cuore ringrazia e si dilata per far posto all’Amore.
La sua figura fu emblematica perché emerse in un’epoca di passaggio dal mondo romano a quello cristiano. Ambrogio vide nel cristianesimo la possibilità di “redimere” il potere imperiale caratterizzato da dissolutezza e rigidità al fine di renderlo giusto e misericordioso. La sua vita di vescovo fu segnata dalla lotta all’eresia ariana con la quale si confrontò per correggerne l’errore di considerare Cristo soltanto nella sua umanità a scapito della divinità. L’operato del santo ha lasciato segni profondi nella liturgia: il rito ambrosiano è il rito liturgico adottato dalla maggior parte dall’arcidiocesi di Milano che si distingue dal rito romano.
La chiesa cattolica annovera diversi dottori fra uomini e donne, santi e sante che si sono distinti per la dottrina e per la capacità di trasmettere il messaggio cristiano. Tra questi ricordiamo San Tommaso, Santa Caterina da Siena, Santa Teresa d’Avila, Sant’Antonio da Padova, Santa Teresa di Lisieux e i quattro pilastri: Sant’Agostino, San Girolamo, San Gregorio Magno e Sant’Ambrogio.
Nel 384 un altro futuro dottore della chiesa, che ricevette la cattedra di retorica a Milano, Agostino di Ippona, entra a far parte della vita del santo. Uomo brillante, di grande intelligenza e ambizione, Agostino finirà per essere estremamente affascinato dalla personalità di Ambrogio con il quale condividerà la cultura classica e, più tardi, la fede in Cristo.
Per Agostino questo incontro fu folgorante; Ambrogio era ammirato da tutti per le sue omelie e ancor di più dal giovane Agostino. Ad aprire il cuore del giovane ed a spingerlo verso un cammino di conversione, che lo portò a ricevere il sacramento del battesimo nel 387, fu la testimonianza di vita del vescovo e della sua chiesa milanese che pregava e cantava compatta come un solo corpo.
Ambrogio fu anche compositore di canti e inni sacri per la liturgia cristiana, popolari ma anche ricchi e densi di teologia e di significato. Il canto ambrosiano è un canto collettivo, facile nei versetti e nella musica che ancora oggi esiste e viene tramandato.
Per la sua produzione letteraria semplice, spesso frutto di rielaborazione delle sue omelie e per il suo stile dolce e misurato, Ambrogio venne definito dolce come il miele e per questo raffigurato con un alveare.
Morì il 4 aprile del 397 rimanendo un autentico testimone del Signore, il suo Tutto:
“Omnia Christus est nobis! Se vuoi curare una ferita, Egli è il medico; se sei riarso dalla febbre, Egli è la fonte; se sei oppresso dall’iniquità; Egli è la giustizia; se hai bisogno di aiuto, Egli è la forza; se temi la morte, Egli è la vita; se desideri il cielo, Egli è la via; se sei nelle tenebre, Egli è la luce”. (La verginità 16,99).