Scambiarsi il dono della pace è uno dei gesti più simbolici della Santa Messa, che a causa della pandemia è stato sospeso. Per questo, la Conferenza episcopale italiana ha deciso di reintrodurlo in una forma nuova, che non favorisca il diffondersi del contagio: i fedeli si guarderanno negli occhi, chinando poi il capo. Un gesto semplice ma forte nella sua idea di uno scambio di sguardi intimo e diretto allo stesso tempo.
Da domenica 14 febbraio, sarà questa nuova modalità di scambiarsi il segno della pace ad avere luogo durante le funzioni religiose. Si è scelto quello che si può rivelare un metodo sobrio ed efficace, in sostituzione della stretta di mano che si è preferito al toccarsi con i gomiti, gesto dal sapore vuoto e inappropriato nel contesto liturgico. La Conferenza episcopale rassicura i fedeli sulla temporaneità di questo provvedimento, in attesa di tempi più sicuri che permettano di ristabilire il tradizionale dono della pace tra fedeli.
Questo cambiamento non deve preoccupare né infastidire, perché già nel Messale della Chiesa è previsto che si deve “fare il gesto di pace secondo il costume locale”. Un’impostazione che ha favorito il sorgere di numerosi modi di scambiarsi il segno di pace. Ce lo ha ricordato con le sue parole anche Edward McNamara, docente di Liturgia e Teologia all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e direttore dell’Istituto Sacerdos: “Non cambia il senso ed il significato profondo. In molti altri Paesi esistono segni diversi in base alle differenti culture, come prevede il Messale”.
Uno degli esempi riportati dal teologo è quello dell’usanza vigente in quasi tutta l’Asia e in alcune nazioni dell’est Europa: in questi luoghi c’è l’usanza di fare un inchino, inclinando in avanti la testa, e poi guardarsi negli occhi.
Quello che di certo rimarrà invariato è il significato del segno di pace, che rappresenta la condivisione della pace che ci dona Cristo.